Ho comprato, in un negozio a Cobble Hill, un uovo di cioccolato Kinder Maxi a 25 dollari. Forse se avessi cercato meglio lo avrei trovato a meno, ma ho tanto di quel lavoro che era difficile pianificare un itinerario per il mio sabato che incrociasse ulteriori alimentari italiani.
Il posto in cui l’ho comprato si chiama Mozz Lab, e quindi ho speso altri 25 euro di mozzarella e fiordilatte. Ora, quando ci sono le feste è quando casa mia mi manca di più, per il cibo, certo, ma anche per la ovvia ragione che questi incivili lavorano a Pasquetta, o che non si trovano fave fresche, e che in generale c’è qualcosa nell’aria di vacanza che semplicemente non riesco a riprodurre qui. L’ultima Pasqua che ho passato in Italia era nel 2019: a scriverlo sembra assurdo. Chissà la prossima, magari il mio stipendio post-dottorato sarà compatibile con un volo in più.
Sono stata a Washington per dare un seminario (lol) e poi ci sono rimasta per un weekend con Corey, che la conosce molto bene e mi ha portato in giro per i suoi posti preferiti. La foto qui sopra è di un quadro esposto al museo d’arte moderna Hirshorn (un posto che ho adorato anche se dopo l’intensa settimana lavorativa che era appena passata l’ho visitato in uno stato di trance, di stanchezza disarmante ed estrema fascinazione) ma purtroppo non ho più idea del titolo o di chi fosse l’artista.
Anche se faceva un freddo pazzissimo, Washington mi è sembrata una città perfetta per stare all’aperto: viali imponenti, ponti maestosi, un sacco di giardini. Mi è piaciuta anche se è infinitamente più quieta di New York e dopo tanti anni qui a volte il silenzio sembra inquietante.
Queste ultime due settimane sono state intrise di novità, e avrei tutte le ragioni per essere agitatissima: è già aprile e il mio job market paper1 è mooooolto lontano dall’avere la forma che dovrebbe a questo punto. Persino Martin, il più tenero dei membri della faculty del mio dipartimento, ha detto che “It’s time to be anxious, not a lot, but a bit”. E me la sento, l’ansia, a pacchi. Eppure mi sento anche decentemente in controllo della mia psiche e del mio futuro, pronta ad affrontare eventualità diverse, anche quelle che quando ho cominciato il dottorato non avrei mai considerato2. Penso che la ragione sia che le mie priorità si stanno chiarendo: comprendono, certo, un lavoro stimolante in cui mettere in pratica quello che ho imparato, ma in cima ci sono soprattutto cose come vivere in una grande città, magari restare a New York ancora qualche anno, avere tempo libero che senta davvero libero, più che mai avere amiche vicine e vedere la mia famiglia più spesso. Questi, di obiettivi, sono un po’ più in mio controllo e ho più fiducia che potrò raggiungerli. Sarà questa rinnovata chiarezza, sarà che oltre all’incertezza su cosa ne sarà di me la mia vita ha tanti punti fermi di cui vado orgogliosa, o forse, come dice il poeta, sarà la primavera.
In una delle ultime edizioni di Le Mutande del Lunedì, una newsletter di cui metto il banner qui sotto, c’era un link a questo articolo.
L’autrice descrive come condividere delle mappe personalizzate create su Google Maps con amici, ma anche approdare a mappe di sconosciuti su internet, l’abbia aiutata a sentirsi a casa in una città nuova. Cercare su internet “miglior caffè di Berlino” è un’esperienza spersonalizzata e poco interessante, ma spulciare una lista di caffè in cui sia stata qualcuna che conosci, o amici di amici, ha un altro impatto sul tuo approccio ad un luogo e sulla tua capacità di esplorarlo. Siccome sono un po’ lentina ho dovuto cercare come creare una mappa (istruzioni qui) e poi l’ho fatto: qui ho pensato di raccogliere un po’ di musei che mi sono piaciuti nei posti in cui sono stata o ho vissuto. Per cui, ovvio, l’invito stavolta è ad aggiungerne uno dei vostri preferiti (se non ho fatto casini, la mappa è editabile). Ancora meglio, se mi mandate una vostra mappa sono molto felice di immergermi.
E penso ci sia anche un certo fascino nell’accedere a percorsi curati da sconosciuti. Per esempio, cercando su Google una cosa tipo “site://www.google.com/maps/d/ Japan” trovi l’itinerario di viaggio di chissà chi; se cerchi “site://www.google.com/maps/d/ Delicatessen” trovi una lista di alimentari a Portland. Mi sono segnata questo itinerario all’interno del Parco degli Acquedotti, uno dei miei posti preferiti a Roma, e il percorso del Great Saunter, che è il perimetro di Manhattan e che vorrei a un certo punto affrontare con Tommaso, ma sono 32 miglia e io son un po’ deboluccia.
L’autrice dell’articolo spiega benissimo il senso di questo tipo di “elenchi”, e la differenza con analoghe liste che si trovano a bizzeffe online cercando informazioni su cosa fare o cosa vedere in un certo posto: c’è una cura individuale, un senso di personalizzazione, il conforto di percorrere le tracce di qualcuno che ha fatto quelle stesse esperienze prima di noi e ha goduto abbastanza nel farlo da ricordarsene e segnare un pin su una mappa. Penso che questo si colleghi benissimo all’idea di curatela, di mettere a punto una serie di annotazioni che caratterizzano una personale posizione nei confronti del mondo, un personale gusto. Sto leggendo un po’ di cose su cosa significhi avere “cattivo gusto”, su come il consumo vorace a cui siamo abituati scoraggi la costruzione di un immaginario personale, su come questo interagisca con questioni di classe. Ci devo pensare ancora meglio prima di articolare il punto: non voglio semplicemente dire che il bar che viene meglio in foto non può essere il preferito di tutti, ma più che altro riflettere sul fatto che anche in chi non ci pensa nemmeno, a postare su Instagram il posto in cui ha preso il caffè, è rara l’abitudine a coltivare un rapporto intimo con le proprie scelte di consumo o culturali.
Secondo me guardare le mappe è una cosa molto bella, anche se si tratta di posti in cui non ho in programma di andare a breve, o mai. Per esempio, sto leggendo L’invincibile estata di Liliana, un libro di Cristina Rivera Garza in cui l’autrice ripercorre la storia del femminicidio della sorella, trent’anni dopo i fatti. L’autrice scava nelle scatole etichettate “Liliana” per leggere diari, lettere, bigliettini, per raccapezzarsi fra i cimeli della sorella, e sono proprio le parole scritte da Liliana ad essere le più dure da digerire, quelle in cui si sente la sua voce di ragazza, curiosa, affettuosa, bizzarra, ed è più evidente che mai l’ingiustizia di non aver mai sentito quella voce diventare vecchia. Comunque, il romanzo inizia con una lunghissima peregrinazione di Garza per Città del Messico, fra uffici della procura e avvocati, alla ricerca del fascicolo relativo all’omicidio di sua sorella. La descrizione del tragitto è molto minuta, Garza descrive strade, vicoli e palazzi, tragitti a piedi e in Uber, che mi ha commosso seguire su Google Maps. Un dettaglio fondamentale: in questo percorso Garza non è sola, giacché per tutte le “commissioni” importanti, per tutti i giri in città in cui serve una mappa, ci vuole un’amica.
Il memoir di Garza non l’ho ancora finito, e secondo me ci metterò ancora un po’ perché ci vogliono delle pause. Ho letto però un po’ di cose belle (l’ha letto tutta la mia bolla tranne me) che condivido qui.
Questo post in una newsletter di recente fondazione, specializzata in letteratura latinoamericana è un resoconto di una presentazione del libro, in cui l’autrice racconta la genesi del testo e spiega alcune sue scelte. Molto commovente.
Qui sotto invece Ghinea, che seguo con religiosa assiduità e da cui imparo sempre tantissimo, che scrive una recensione profondamente politica del libro.
Infine, una recensione di Adrián N. Bravi (scrittore argentino che vive in Italia da diversi anni di cui ho letto anni fa l’adorabile L’idioma di Casilda Moreira) per il sito Doppiozero.
A proposito di mappe, o di mappe e libri insieme.
Mi piace molto questo profilo che fa esattamente quello che descrivevo sopra: da un paragrafo in un romanzo che menziona un indirizzo, ad uno screenshot da Google Street View. Lo cura Silvia Pelizzari.
L’autrice Susan Straight ha messo su un compendio di testi americani, ciascuno associato a un luogo su una mappa, dove il testo è ambientato o a cui si riferisce (per esempio qui sotto la sezione dedicata a Vermont, Maine, New Hampshire, Massachusetts, Connecticut, and Rhode Island). Non mi ricordo più come ci sono incappata.
Una raccolta di road trips tratti da romanzi americani (manca On The Road, pare sia un’impresa titanica “pinnare” tutti i posti che menziona Kerouac), a cura di Atlas Obscura. Scopro che il viaggio dentro “Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta” è, in parte, lungo il Pacific Northwest, che mi piacerebbe tanto visitare. Curiosamente, questo link me l’ha mandato Tommaso ieri senza che sapesse che stavo scrivendo questa lista.
Un articolo su Lithub sulle mappe di mondi fittizi e la cartografia immaginata e qui qualcun* su Reddit condivide quella di propria invenzione.
Una collezione di mappe di radici, organizzata per specie di pianta. Ci sono incappata tramite la newsletter di Laura Olin.
Link Molto Belli, la newsletter di Pietro Minto, contiene una mappa in ogni dispaccio (una molto bella, di qualche mese fa, è l’Oregon Trail percorso dai coloni americani verso il West)
Un canale Telegram che si chiama Mapporn in cui vengono ripostate tutte le mappe pubblicate sull’omonimo subreddit. Un po’ facile essere sopraffatta dalla mole, ma ogni tanto ci trovo cose bellissime.
Non mi dilungo su mappe che associano romanzi a paesi del mondo: è il mio progetto di lettura da diversi anni e magari ne riparlerò.
Cercando un autore o un’autrice, questo sito lo posizione in una nuvola di riferimenti, tipo così
La mia amica Eugenia mi ha mandato una frase di Michela Murgia: “Amo la Pasqua. Nascere sarà pure bello, ma risorgere mi è sempre parso meglio”. Perciò buona Pasqua, che possiate “risorgere” in ogni declinazione della parola che vi pare abbia senso per voi.
A presto,
Ludovica
Per sottrarsi a questi inviti basta cliccare qui. Le vecchie missive spedite dal 2019 al 2023 sono custodite qui. Potete inoltrare questa mail a qualcuno che vi piace.
Se mi leggi e non sai cos’è vuol dire che non ti ho angosciato abbastanza su quello che mi aspetta l’anno prossimo — buon per te!
Se mi leggi e non sai di che parlo puoi Googlare “economic consulting” e contemplare insieme a me una delle carriere più comuni, in alternativa a quella accademica, per chi ha un percorso di studi simile al mio.